Denaro, di Charles Pèguy

Denaro è un saggio di appena novanta pagine, eppure così ricco e denso di riflessioni e riferimenti politico-sociali che riesce difficile leggerlo tutto d’un fiato. Ogni frase, ciascuna pagina, meritano meditazione. Qualcuno si chiederà a cosa possa servire leggere oggi un saggio sul denaro scritto nel 1913, oggi che siamo bombardati da analisi e teorie economiche di ogni natura. Ritengo che il valore aggiunto dato da Pèguy sia il suo punto di osservazione privilegiato, ossia l’aver vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, nel passaggio tra la vecchia e la nuova era. E la sua analisi è volta a evidenziare le ripercussioni che l’arrivo dell’industrializzazione stava avendo sulla popolazione.

Nel corso del suo saggio, pubblicato all’interno dei Cahiers de la Quinzaine, Pèguy confronta costantemente il prima e il dopo. C’era un tempo, prima della modernità, in cui il lavoro era un momento di incontro sereno, addirittura gioioso «[…] a quei tempi, un cantiere era un luogo della terra in cui gli uomini erano felici. Ai miei tempi tutti cantavano. Nella maggior parte dei luoghi di lavoro si cantava». Prima dell’industrializzazione massiccia, prima dell’imborghesimento totale del popolo, il lavoro era semplicemente un mezzo per assicurarsi il minimo necessario per vivere. Il che non contemplava la superficialità nell’impiego svolto, anzi. La cura maniacale del dettaglio, la passione infusa nel creare un pezzo unico e irripetibile, pur comportando fatica e sudore, erano atti di dedizione e fedeltà a ciò che si si era intenti a fare, al proprio lavoro.

L’industrializzazione ha spersonalizzato il lavoro rendendo la fatica un peso, la dedizione un ricordo, il dettaglio una perdita di tempo, e di denaro. Pèguy sottolinea infatti come nel giro di pochi anni il lavoro da missione sia diventato un bene da quotare e scambiare in borsa, e da questo momento il popolo che prima cantava nei cantieri adesso protesta e soffre. Una parte della popolazione ha preso in mano le redini della società, la restante parte accetta quelle condizioni o cade in miseria.

recensione : Innocente di Scott Turow

IL LIBRO

Rusty Sabich, sessant’anni appena compiuti, presidente della Corte d’Appello della Kindle County e in corsa per un posto alla Corte Suprema statale, è accusato di omicidio. Una mattina, al risveglio, trova la moglie Barbara morta nel letto accanto a lui. Aspetta però quasi un giorno prima di chiamare la polizia e i soccorsi, e non avverte nemmeno suo figlio Nat. Perché? Vuole forse cancellare tracce compromettenti?

Vent’anni prima lo stesso uomo, allora viceprocuratore, era stato processato per l’omicidio di Carolyn Polhemus, sua collega e amante, e aveva avuto in Tommy Molto il suo più acerrimo accusatore. Rusty era stato infine prosciolto, ma le turbolente vicende legate al processo avevano avuto ripercussioni diverse sulla carriera dei due uomini. Il nome di Molto era stato trascinato nel fango, mentre la carriera di Rusty aveva ripreso a salire. Ma ora per lui si aprono le porte di un nuovo incubo.

Le circostanze della morte di Barbara si prestano a varie interpretazioni, anche se tutto pare condurre alla sua colpevolezza, e in Tommy Molto la voglia di rivincita non si è mai sopita. Sarà una sfida senza esclusione di colpi quella che li vedrà di nuovo contrapposti in un’avvincente partita psicologica nel tentativo di catturare una verità tanto ambigua quanto sfuggente.

‘I resti di lei’ di Neil Cross

Il giovane pittore Kenny Drummond scopre di avere poche settimane di vita e per dare un senso a quel poco che gli resta da vivere, cerca di ritrovare quelle persone con le quali sente di avere un debito da saldare. Prima fra tutte la grande amica della sua adolescenza, Callie Barton, ma viene a scoprire che lei è scomparsa nel nulla dopo aver sposato un uomo violento e privo di scrupoli.

Kenny non ha nulla da perdere e si getta a capofitto alla ricerca della verità sulla scomparsa della vecchia amica nel tentativo di renderle giustizia, ma le sue azioni provocheranno una reazione a catena di efferati delitti. Questa, in sintesi, la trama di ‘I resti di lei’ (Captured) di Neil Cross, nelle librerie italiane dal 06 ottobre 2010 per i tipi di Rizzoli.

Ritornando ai ricordi del passato, per Kenny, il ragazzo smunto e messo al bando dai compagni di classe, le attenzioni di Callie Barton erano qualcosa con cui nutrirsi. Un sorriso, una piccola carezza, il piede che sfiora il suo sotto il banco dell’aula scolastica, lo hanno aiutato ad affrontare la perdita di sua madre e il fervore maniaco-depressivo di suo padre. Fino a quando un giorno, Callie, senza alcun preavviso, improvvisamente è scomparsa. Ora, alcuni decenni più tardi, la storia si ripete e lei è sparita nuovamente …

 

L’ombra di Woody, de Jemma Ottavio

Non è facile leggere su Agorà delle “recensioni”, almeno scritte da me. Mauro (Semedimela) ne posta qualcuna, ed anche fatta bene, ma io no. E vi spiego il perché. Io ero una lettrice vorace di libri poi, cinque anni fa, mi è accaduto qualcosa – anzi un insieme di cose e tutte spiacevoli – che mi hanno portato ad allontanarmi da me stessa, facendomi diventare abulica e disinteressata verso tutto quel che mi circondava. Poi, per fortuna, pian piano sono ritornata “alla vita” ma certe cose, come la lettura ad esempio, non l’ho più ripresa come una volta. Mi succede che comincio un libro e mi annoio già alle prime pagine.

Qualche settimana fa, mi imbatto nella recensione di un libro dal titolo curioso: “L’ombra di Woody” di Ottavio Jemma. Una recensione ben scritta, appassionata, che mi fa decidere di acquistare il libro.

Vi evito le vicissitudini dell’acquisto (vi basti sapere che alla fine ne ho acquistato… due copie) ma infine ho il libro tra le mani, per una strana coincidenza proprio in quei giorni di stacco dal mondo web, quando mi sono rifugiata sulla mia montagna. Insomma comincio a leggere e, per una strana alchimia, non riesco a staccarmene , dimentico persino di mangiare, finché non l’ho finito di leggere.

Poi ho lasciato passare alcuni giorni, ho fatto sedimentare le emozioni e le riflessioni che mi aveva regalato la lettura e sono tornata a leggerlo. Ed oggi ve ne parlo perché, a mio avviso, non è solo una lettura leggera e piacevole ma anche uno sguardo impietoso su tanti “mali” che affliggono la società in cui viviamo, alzando quei veli di ipocrisia di cui essa ama ammantarsi.

Una delle cose belle di questo libro è che ognuno ne trae materiale di riflessione in base al suo personale bagaglio culturale. Chi è appassionato di letteratura o letterato di professione predilige i tanti spunti che il libro offre, io sono una sociologa e ho colto gli aspetti più direttamente collegabili al funzionamento della società.

 

 

PULP de Charles Bukowski

Una tra le migliori opere che la pesante macchina per scrivere di Bukowski ha prodotto. Pulp si presenta come un romanzo giallo a sfondo umoristico e ci pone a diretto confronto con l’irrealtà e l’ingratitudine della vita di ogni giorno.

Un viaggio nella California povera, che non smette però di affascinare e di riservare colpi di scena, dove Nick Belane, “il più dritto dei detective privati” ci guiderà all’interno di un’avventura magica, attraverso una serie di misteriosi avvenimenti ed impossibili casi da risolvere. Un concentrato di tristezza, comicità ed entusiasmo che ci porta a credere nell’impossibile e riesce a farci riflettere su situazioni che interpretiamo come eventi di secondaria e spesso inesistente importanza.

Imprevedibile il finale. Veramente da leggere!

Devil Red, Joe R. Lansdale

In Devil Red, Joe R. Lansdale rimette in pista Hap Collins e Leonard Pine, strampalata coppia di detective hard boiled, qui alle prese con uno spietato killer seriale.

Decisamente invecchiati e più propensi alla riflessione e alla malinconia, i nostri due antieroi vengono ingaggiati da una ricca vedova perché indaghino sulla morte del figlio e della sua fidanzata, avvenuta in circostanze particolari. Entrano così a piedi uniti, come loro solito,  in una storia sordida che vede protagonisti una strana setta di vampire e una organizzazione criminale che “alleva” killer gestita da una insospettabile coppia. Indagando, vengono alla luce altri delitti collegati da un elemento comune: una testa di diavolo rossa, una sorta di marchio di riconoscimento; prima di giungere alla soluzione dell’enigma, i due dovranno affrontare direttamente Devil Red.

Devil Red è un libro divertente, che si fa leggere con facilità e che regala sincere risate, ma se penso ad altri romanzi di Lansdale che vedono protagonista la spassosa coppia di detective, il geniale Rumble Tumble ad esempio, ecco che salta ancor più agli occhi un qualche scricchiolio nell’impianto narrativo. Qui l’inizio è scoppiettante e incolla letteralmente alle pagine; la trama scorre veloce per tutta la prima parte del libro, con un susseguirsi di colpi di scena fino al momento clou della crisi di Hap. Ma nella seconda parte il meccanismo sembra incepparsi e la soluzione appare, sinceramente, un po’ tirata per i capelli; e non basta la riapparizione di Vanilla Ride, affascinante killer che nella “puntata” precedente (Sotto un cielo cremisi) era stata ingaggiata proprio per uccidere i due, a rianimare il racconto boccheggiante.

Peccato, perché le premesse c’erano tutte per farne un libro imperdibile: la crisi di panico ma anche morale che letteralmente paralizza Hap, il drammatico ferimento di Leonard, il suo ridicolo cappello, le azioni travolgenti, le riflessioni malinconiche, gli affetti genuini,  gli incisivi personaggi di contorno.

In conclusione, non è il miglior Lansdale ma è pur sempre Lansdale, con il suo ritmo incalzante, lo stile ironico e scanzonato, poco propenso a prendersi sul serio, l’uso sapiente della lingua con quel mix tra il parlato sboccato dei personaggi e le descrizioni puntuali e poetiche, soprattutto – e qui sta tutta la forza nel romanzo – con i dialoghi spassosissimi tra i due protagonisti che alternano battute al vetriolo a riflessioni di stampo filosofico-esistenziale.  Queste le ragioni che permettono di superare qualche piccola defaillance, nell’attesa di poter leggere le prossime avventure dell’irriverente duo.

Le larve di Claudio Morandini

Le larve. Questa parola nella sua brevità concentra diverse immagini: esseri invertebrati talmente piccoli e indefiniti da non essere dei veri e propri animali; forme di vita sfuggenti, perché dalla superficie viscida, scivolosa; qualcosa di vicino ai vermi, e che quindi fa ribrezzo; esseri che si nascondono negli anfratti più oscuri e irraggiungibili della terra in attesa di completare la trasformazione in qualcosa di più definito. Tutte queste immagini si riflettono nel romanzo di Claudio Morandini, che fa delle larve il fil rouge della storia.

Il romanzo si snoda attraversando le vicende di una ricca famiglia di possidenti terrieri, le cui ricchezze sono amministrate dal padre padrone, capostipite della dinastia. Come i terreni, anche le persone, tutti i componenti della famiglia e della servitù, sono proprietà del vecchio possidente. Il suo strumento di potere sono le umiliazioni, la violenza, la capacità di assoggettare chiunque alla sua volontà, fino a creare un impero basato sull’obbedienza mantenuta a suon di torture e stupri. Come nella sindrome di Stoccolma il detenuto finisce per amare il suo carceriere, in questa saga familiare il figlio umiliato ha profonda soggezione e cieco rispetto per il padre senza cuore, un sentimento che si traduce in un incondizionato annullamento della sua individualità, decisionale e sentimentale.

Gli uomini, come le larve, hanno un manto viscido e ripugnante, mossi dal puro istinto in loro emerge solo il peggio e realizzano così le loro più intime perversioni. Incesti, amori clandestini e violenze gratuite si susseguono dalla prima all’ultima pagina del romanzo, delineando una vita di palazzo che ha le caratteristiche di una lotta per la sopravvivenza: chi accetta il dominio del padrone soccomberà, chi resta lucido e reattivo, sopravvivrà. Lo scenario di questa natura selvaggia è il palazzo, le cui fondamenta affondano in un terreno ricco di passaggi segreti abitati dalle larve, le stesse che vengono mangiate con gusto dal padrone e da suo nipote negli attacchi di sonnambulismo notturno, episodi frequenti e temibili in cui si manifesta fisicamente il ritorno a uno stadio animale, o peggio ancora, larvale.

Per quanto sia difficile o sconveniente ammetterlo, la cattiveria ha il suo fascino, e Le larve di Claudio Morandini ne è una chiara dimostrazione. Anche laddove la descrizione si fa cruenta fino a provocare ripugnanza, la minuzia di particolari delle larve mangiate con gusto e inghiottite con una punta di piacevole repulsione contribuisce ad acuire il carattere fortemente gotico della vicenda, e a invogliare alla lettura. Lo stile piano e il linguaggio vivo conferiscono realtà alle immagini, tanto che qualche smorfia o espressione di sorpresa sul volto sono inevitabili. Alla fine del libro resta un po’ d’amaro in bocca: l’unico personaggio positivo non riuscirà a riscattarsi. E nel capriccio del bambino, solo in apparenza innocuo, sembra serpeggiare la viscida larva della forza oscura radicata nella famiglia.

recensione di Sunshine – Robin McKinley

Apparso in prima edizione nel 2003 e ristampato dalla Berkley Trade nell’ottobre del 2008, ‘Sunshine’ di Robin McKinley, pubblicato nell’edizione italiana dalla Fanucci Editore, ha vinto nel 2004 il Mythopoeic Fantasy nella sezione Letteratura per adulti.

Nella sua recensione, Neil Gaiman, ha affermato che il romanzo della McKinley puo’ essere accostato a romanzi di culto come Chocolat di Joanne Harris e Intervista col vampiro di Anne Rice, ma anche a storie come La bella e la bestia della Walt Disney, perche’ Sunshine non è proprio un fantasy, cosi’ come non è proprio un horror o una semplice storia d’amore, ma è tutte e tre le cose messe insieme per una storia molto vicina alla perfezione.

Ci sono luoghi in cui regna l’oscurità, luoghi ai quali è meglio non avvicinarsi. Tuttavia sono anni che al lago non succede nulla, e Rae Seddon soprannominata Sunshine, protagonista principale del romanzo di Robin McKinley, ha bisogno di un posto tranquillo dove poter riflettere, ma commette un grave errore e viene attaccata dai vampiri che la portano in una vecchia abitazione.

La incatenano al muro e la lasciano in compagnia di un altro vampiro, anche lui incatenato, con il proposito di sfamarlo con il sangue della ragazza. Ma il vampiro, Costantine, non ha alcuna intenzione di attaccarla e, al contrario, la implora di raccontargli delle storie, per evitare di impazzire.

musica : Tool 10,000 years

80 minuti di qualcosa di indescrivibile. Dimenticate tutta l’altra musica, perchè questo album va oltre. Immaginatevi i Pink Floyd vestiti di pelle borchiata che suonano i Melvins con la batteria dei Meshuggah, i riffs di Prong e Helmet, la pazzia degli Swans e la voce di un Jeff Buckley schizoide.

L’album vortica. S’inerpica, si espande, si contrae per poi esplodere e implodere in tempi dispari e cambi stordenti. Niente, ripeto NIENTE può o potrà assomigliare ai Tool. Loro hanno fondato il Nu Metal. Ma Hanno fatto girare la ricetta per i dilettanti. Altri potranno imitare la voce di Maynard (Chevelle e 10 Years), o la lunghezza pesante e liquida della forma canzone (Isis). Pusillanimi.

Andate a sentrivi la traccia 5, The Pot, e ditemi se non è tra le più belle della loro discografia. Sarò a Milano a vederli il 19 giugno.

l’ultima volta

succede che mi sieda sul greto del fiume e cominci a giocare con i sassi, le dita mostrano striature di terra bagnata, e l’acqua è fredda. In questa stagione. O a questa altitudine?E’ un gioco pigro, per allontanare il tempo; per dire che sto diventando sempre più silenziosa e che, sempre meno, questo mi appare strano.

Eludo le domande, rimango con risposte annichilite, strozzate in gola in una sorta di attesa, che passi, l’interrogativo, e nessuno si accorga che ho mancato all’appello.Così, mentre l’ora si incatena ai miei piedi e mi ricorda che esiste – esiste – il tempo sprecato, mi ritrovo – dirai tu: mica ti credo…ma poi ti metterai ad ascoltare – a scriverti.non tanto racconti, che, come sai, non son proprio nella mia penna, quanto piuttosto tentativi di unire tra di loro le domande che possano aprirmi immagini della tua vita.Perché io mi chiedo, e non chiedo.

Se sei felice, con quali mani componi partiture doppie per far suonare il tuo cuore, se i tuoi progetti sorridono, chi ti dice cosa, e di cosa parlate, che è accaduto a uno e cosa argina l’inchiostro di un altro.Mi perdo, in punteggiature, sul greto del fiume. Forse mi stai aspettando a casa. O aspetterò.